NEW YORK NEW YORK, Dal Forum Fracassino

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zeldina
icon12  view post Posted on 22/5/2009, 19:48




By MoonPetal image

La primavera è arrivata di nuovo; peccato che non la vedrò sbocciare tra le immense vie del centro della città o in quelle stradine assolate che si diramano per il quartiere Prati. Sarà per la prossima primavera penso tra me e me, ammesso che non ci siano imprevisti.
Respiro per l’ultima volta l’aria romana dal nostro attico, cosciente che questo gesto, ormai così consueto, non si ripeterà più per tanto tempo. Sono il solito sentimentale di sempre, oramai a ventiquattro anni, compiuti a Novembre, non dovrei nemmeno pensarci a queste cose. E invece... Eccallà, mi è scesa una lacrima.
Farò bene a ricacciarla dentro prima che Marco entri imperterrito nel balcone, beh anche lui alla fine mi mancherà.
Quella sottospecie di fratello minore scapestrato che sta per arrivare nella mia direzione.
“Franci, stai annusando l’aria primaverile??” Eccolo il solito scemo.
Ovviamente doveva arrivare nel momento peggiore. “Si, la trovo davvero deliziosa, grazie” gli sorrido di rimando.
E’ ancora in pigiama ieri la serata è andata un po’ per le lunghe, anzi troppo per le lunghe ripensandoci bene.
“E’ inutile che fai l’eremita solitario sull’attico, l’aereo partirà solo tra tre ore e mezza” fa lui interrompendo i miei pensieri.
Alzo le sopracciglia. “Infatti dovrei essere già là”
“Franci Franci: quanto sei noioso!"
“Mi fai scombussolare tutti gli orari tu... Non ti avevo raccomandato di mettere le batterie alla sveglia?”
Gli scappa una risatina delle sue. “Che c’è ora?? Che ti è preso?” chiedo contrariato.
“Non fare il cretino: lo sai benissimo che non te li scombussolo io gli orari”
So dove vuole andare a parare. Beh, là vogliono andare a parare tutti. “E allora?”
“La cena di ieri a quattro: rivedere la tua bella con quell’impiastro lampadato ti avrà fatto un certo effetto, suppongo”
Lo guardo seccato. “Marco, lo sai benissimo che tra me e Cassandra non c’è mai stato nulla. Non posso che essere felice per lei... e poi Francesco ha quella carnagione, non è mica lampadato”
“Sempre la solita tiritera... e che palle!!! Non c’è stato nulla di qui e siamo amici di là e Capodacqua non si fa le lampade…”
“Carta...”
“E datti una mossa Frà, non ce la faccio più a vederla con quello, ti giuro!”
“Devo proprio andare, Marco”
“Perché non ti conviene, ovvio”
Do un ultimo sguardo alla cupola di San Pietro, quante volte mi ha fatto compagnia la sera sempre su quest’attico, e vado dentro. “E poi ieri non era una cena a quattro. Noi due non siamo mica una coppia... e li pure hai invitati tu! Io avrei preferito di gran lunga dormire sul divano... ”aggiungo in lontananza.
“Ma certo che siamo una coppia noi siamo i Blues Brothers!”
Dopo qualche attimo di silenzio ne spara una delle sue.
“Ma allora se preferivi dormire sul divano non volevi che Cassy venisse a trovarci?”
“Certo che volevo, stupido”
“Solo che ti dava fastidio che ci fosse il lampadato”
Ah Marco Marco... “Vammi a prendere la valigia piuttosto...”
“E tu asciugati la fronte che sei tutto sudato” fa di rimando mentre si avvia verso l’ingresso.
“Per forza ci saranno 40 gradi al sole!”
“Ma se siamo solo a Marzo!”
“Marco vai a... ”

Ci ritroviamo dopo altri quindici minuti sul pianerottolo;
In effetti non prima che Marco si fosse tirato la valigia sui piedi una trentina di volte. Momenti catartici.
“Franciii... come farò da solo, senza di te”
“Già, chi cucinerà, chi stirerà, chi laverà, chi pulirà, chi andrà a fare la spesa, chi ti terrà la testa quando ti prenderai una sbronza coi fiocchi... ” Interrompe con impeto la mia, ormai non più, chilometrica lista. “Ti voglio bene” E mi abbraccia. Eccallà.
No, dai Marco su. Io odio gli abbracci. Cioè io amo gli abbracci. Ma sono così tristi. E io non voglio essere triste.
Voglio solo staccare ed andare in America. Ne avrò pure il diritto, no? Gli do qualche pacca sulla spalla, il cuore in gola.
“Franci, fai tante conquiste e chiamami appena combini qualcosa”
“Sarà fatto, mister”
“E chiama anche Cassandra”
“Si, mi mancherà la piccola Cassy”
“Eh, eh...”
“Scemo, è una mia carissima amica”
“Ma a chi vuoi darla a bere Mariottini!”
Perché non capisce che non la voglio davvero?
Tutti pensano che tenti di arrampicarmi sugli specchi, ma quando non c’è un sentimento c’è poco da fare: io l’ho imparato a mie spese. Ma molto di più lei.
“Senti Marco ho il taxi giù; tra sei mesi riprendiamo la discussione magari” Mi stacco velocemente da lui.
“Sei stato davvero un grande amico, un punto di riferimento”
“Anche per me... ”
“Ora dovremmo metterci a piangere, suppongo”
Ci guardiamo.
“Ripensandoci, meglio di no”
L’ultima risata prima di sei lunghi mesi in questo pianerottolo.

Miracolosamente, oserei dire, mi ritrovo sul taxi.
Qualche lacrima è scesa giù, camuffata dagli occhiali da sole rigorosamente neri.
“Destinazione?” chiede il tassista, un tipo calvo con delle strane fossette sugli zigomi.
“Aeroporto” la mia voce esce come un sospiro.
Mi scruta dallo specchietto, forse gli sono vagamente familiare. Infondo Amici è passato da un pezzo, non posso sperare che ancora mi riconoscano. Beh, almeno che la persona in questione non vada a teatro.
“Senta: le da fastidio la radio?”
“No, si figuri. Assolutamente”
Vedo scorrere le strade romane a velocità moderata, intanto la radio trasmette una canzone di Duffy, o almeno penso si chiami così la tizia. Non sono mai stato un appassionato di musica...
Viale delle Milizie, poi Via Candia. In fondo Roma è stata tanto per me. Non posso negare di aver passato qui i momenti più emozionanti della mia esistenza. Anche quelli più duri, certo.
Apro il finestrino, per l’ultima volta la dolce aria romana, dolcissima anche con tutto lo smog. Dolce comunque.
La canzone finisce e la dj comincia a parlare con voce squillante e coinvolgente.
“La Primavera è con noi da ormai 5 giorni! Buoni propositi per la nuova stagione? Nuove conquiste? Chili in meno per la bella stagione? Oggi Venerdì 26 Marzo”
Le altre parole si diramano nel vuoto, non le sento più. 26 Marzo.
Un dolce sorriso appare nella mia mente ed anche dei capelli nerissimi.
Cassy mi mancherei più di chiunque altro, amica mia.
Amica anche se solo pensando a quell’abbraccio di due anni fa mi vengono i brividi.
Perderti così all’improvviso. Perderti come ora... Non so se ce la farò.
Sono arrivato all’aeroporto con almeno tre quarti d’ora di madornale ritardo, tuttavia dopo aver fatto il ceck in alla svelta mi ritrovo comodamente seduto nelle panchine metalliche dell’aeroporto.
L’aereo partirà tra trenta minuti circa e quasi rimpiango di non aver aspettato più a lungo dentro casa.
Poco fa due mie fans mi hanno riconosciuto all’istante, fa sempre piacere devo ammettere.
Una di loro ha detto “Salutami Cassy”. Sicuramente fracassina la ragazza. Non demordono mai. Sante ragazze.
Nonostante tutto il mio sguardo si incupisce. Penso sempre di aver rovinato la festa a tutti; Sembra sciocco lo so, ma è così.
Sarebbe stato molto più facile amare in modo diverso Cassandra, molto più semplice di quanto credino tutti. Come il lieto fine in una favola fatta di carezze e parole dolci. L’avrei fatta soffrire meno di quanto abbia sofferto.
A volte credo perfino che lei desideri con tutto il cuore non avermi mai conosciuto.
Meno male che ha trovato la felicità e l’amore di un altro ragazzo, quello che io non posso darle.
Certo si chiama pure come me, ma meglio di niente, no? E come al solito quando tento di filosofeggiare accade sempre qualcosa. Sento vibrare dentro la mia tasca.Estraggo il telefonino e rispondo subito. “Pronto?” e
“Pronto Frà...”
“Chi sei??”
“Ma come chi sono! Sono io Cassy”
Mi alzo senza nemmeno pensarci, le mani sopra il gelido metallo. “Scusa Cassy, non ti avevo riconosciuta”
O forse volevi non riconoscerla dice una vocina fastidiosissima dentro di me. Quella voce suona come quella di Marco, chissà perché. “Eh, si. Sono un po’ assonnata e ho la voce stanca. Ieri è stata una bella serata, vero?”
Inghiotto il vuoto. “Si, veramente bellissima” Attimo di silenzio.
“Ma che hai? Ti sento strano, ma sei già all’aeroporto?”
“Si, si. Sarà la voce che rimbomba nell’aeroporto”
Risata. Non sono mai stato un granché con le scuse, in effetti.
“Franci, mi mancherai tantissimo”
“Pure a me mancherai, Cassy”
Quelle parole sono dette con una sincerità palese, impossibile che siano normali convenevoli. Tra di noi non ci sono mai stati.
“E allora finalmente troverai l’americana dei tuoi sogni…ricordi l’articolo di due anni fa?”
“Ancora ripensi a quell’articolo pilotato? Già me l’ero scordato”
“Sisi... magari ce l’hai già davanti. Con i capelli biondi e occhi azzurrognoli, in ogni caso per te preferisco le more”
Cassy, perché ti devi far male da sola? Ogni tua parola sembra autolesionismo allo stato puro. Eppure non dovresti più farmi quest’effetto ora che sei felice, finalmente.
“Ma sono ancora in Italia: come fanno ad esserci le americane?”
“Beh, io ero una di loro”
“Si, ma la mia cara italo americana resterai sempre e solo tu, piccola”
“Guardati bene in giro, probabilmente sarà già là pronta all’assalto, e non ti fare ammaliare”
“Ok, cercherò di non farmi ammaliare se può farti piacere”
Sorrido tra me e me. “Mi mancheranno le tue chiamate”
“Ah AH!!! Qua viene il bello, non ti mancheranno Frà... sai perché??”
“Perché?”
“Perché possiamo chiamarci!! Ho ancora la scheda che usavo quando mia madre era negli States, e sono abilitata a chiamare”
Il sorriso sulle mie labbra si allarga a dismisura.
“Ma allora è un incubo...”
“Ciccino non dirlo nemmeno per scherzo...”
“Cosa ti fa pensare che stessi scherzando?”
“OK, se vuoi riattacco. C’è l’altro Franci che mi chiama al telefono fisso e mi scoccia farlo aspettare”
“Cassy, stavo scherzando, hai vinto!” faccio in tutta fretta. Ma che mi sta prendendo??
Per fortuna nell’aeroporto risuona una voce metallica che invita i passeggeri del volo per New York ad estrarre le carte d’imbarco e il passaporto. Proprio al momento giusto, non c’è che dire.
“Che c’è, ti hanno chiamato?”
“Si, gattina”
“Gattina?”
“Perché non ti piace più?”
“No, assolutamente. Solo che non mi chiamavi così da parecchio”
“Se ti piace lo farò più spesso”
“Magari non davanti a lui, sai com’è” già la vedo nel suo appartamento nel centro che alza le spalle e si arriccia un capello ribelle.
“Ah, certo”
“Allora buon viaggio Frà”
“Grazie, Ci. Cerca di chiamarmi spesso, se non ti riesce difficile”
“Chiamami anche tu, e attento alle americane”
“Attentissimo, amica gelosa”
“Un bacio...”
“Ovviamente sulla guancia”
“C’era bisogno di precisare forse?” altra risata.
“No, no. Certo che no”
Riattacco di malavoglia e mi avvio verso lo stuart che nel bancone.

Dopo i soliti controlli di routine prendo posto nell’aereo praticamente stracolmo.
Non posso nemmeno pensare che il viaggio durerà pressoché 12 ore.
Con gli aerei non ho mai avuto dei buoni rapporti.
E non sono nemmeno seduto accanto al finestrino, urge chiedere al ragazzo che è seduto proprio lì accanto di fare cambio di posto. Non posso permettermi un attacco di panico in un aereo così affollato.
Potrebbe anche finire nei telegiornali. “Francesco Mariottini, ballerino della settima edizione d’Amici, perde il controllo sopra il suo aereo diretto per New York. Non sono ancora state accertate le cause, sta di fatto che il ballerino è scappato a gambe levate dall’aereo. Ed ora passiamo all’economia…” Ok, basta flash. Chiediamo di far cambio di posto.
“Scusa se ti disturbo” cerco di attirare la sua attenzione sventolando la mia mano.
Finalmente si gira. Non è un ragazzo.
E' una ragazza, almeno che non sia normale costume dei ragazzi di oggi portare il rossetto. I capelli corti mi avevano ingannato.Ha pure gli occhi azzurrognoli.
Quasi mi viene da ridere. Cassandra la profetessa che non verrà mai creduta. Speriamo solo non sia degli States...
“Dimmi, pure”e infatti ha anche uno strano accento, direi americano. Spalanco gli occhi sorpreso.
“Qualcosa non va?” fa lei alzando un sopracciglio.
“No, no, niente. Solo che, volevo sapere se potresti gentilmente scambiare il tuo posto col mio. Sai, ho preso l’aereo poche volte: è pure un viaggio molto lungo e...”
“Non c’è problema, non fare tutte queste perifrastiche”
“Ah ok, grazie”
Cambiamo di posto velocemente, io stando attento a non sfiorarla nemmeno a causa del piccolo spazio. Ci manca solo che mi prenda per un maniaco incallito. La guardo un nanosecondo negli occhi, ha un non so che di familiare.
“Senti, mi sembra di conoscerti di vista” fa lei immediatamente prima che potessi dirlo io.
“Anche a me sai... ma non riesco ad immaginare dove ci siamo conosciuti”
“Fai il ballerino, vero?”
Uh, ma allora la mia popolarità non è svanita del tutto, o mi ha visto al teatro?
“Si,si. Sarai mica una mariottina?”
“Mariottina? Ma che stai dicendo?”
“Lascia perdere. Forse ci siamo conosciuti all’alter balletto in Emilia, vero?”
Annuisce con forza. Solo ora mi accorgo che è veramente di una bellezza disarmante, nonostante i capelli cortissimi.
“Si, esatto. Ho fatto uno stage là sei mesi. Gran bella accademia, quasi meglio di quelle americane, sai mia mamma è degli States e fino a diciotto anni ho vissuto là ed anche studiato danza”
“Molto interessante... io sono diretto alla Julliard”
Questa volta spalanca gli occhi lei. “Stai scherzando vero?”
“Certo che no! Ho vinto una borsa di studio grazie ad un programma ed ho deciso di studiare lì. Me ne hanno parlato molto bene”
“Io studio alla Julliard da una vita, anche se parlo bene l’italiano perché mio padre lo è”
“Ho notato” le sorrido e lei sorride di rimando.
“Allora piacere, Phoebe!”
“Io, Francesco”
“Potresti farmi un piacere?” questo accento mi fa impazzire.
“Certo, non posso che ricambiare”
“Sai siccome non prendo nemmeno io l’aereo spesso, potresti tenermi la mano in fase di decollo? Sai sono molto timorosa per questo e...” Arrossisco. Arrossisco? Ma dove è finito l’uomo che è in me?
“Ok, non fare perifrastiche” la canzono io come poco fa. Lei sorride ancora.
“Prendi la mia mano Phoebe” dico frenando una risatina alla Marco. Vorrei proprio vedere la faccia di Cassy se mi vedesse in questo momento.
Sta di fatto che dopo tre ore la mia mano non l’ha ancora lasciata, e sembra tra l’altro che non ne abbia la minima intenzione.
Non che mi dispiaccia, ha un così buon profumo.
“Posso farti una domanda?”
“Certo, Phoebe”
Prende il respiro poi si metta a parlare. “Con chi parlavi al telefono prima che l’aereo partisse? Ti vedevo così preso...”
“Con un’amica”
“Amica?”
Oh, no. Non pure lei adesso... “Si: amica!”
“Ho detto qualcosa che non va? Mi dispiace...”
“Non ti preoccupare. Solo che tutti pensano che io e quella mia amica siamo più che amici, ma non è così. E la cosa a lungo andare diventa stancante”
“Ti capisco meglio di quanto tu creda”
“Beh, grazie. E’ confortante” le sorrido con più forza.
“E poi ciò che nasce come amicizia è amicizia. E ciò che nasce come amore è amore. Mai confondere le due cose, proprio no”
“Giusto, lo terrò a mente”
“E allora la ragazza non ce l’hai?”
“No, sai: io ballo”
Accenna una risata. “Un po’ come niente storie d’amore in cucina. Perché o riesce male il piatto o riesce male l’amore”
La guardo. E’ sorprendente.“Si_ annuisco_ una cosa del genere”
“E poi noi ballerini siamo così diversi dalle altre persone…noi siamo artisti e spesso, anzi troppo spesso, non ci comprendono!”
“Ancora una volta hai il mio pieno appoggio, Phoebe”
“Fa piacere sentirselo dire”
“E una bella ragazza come te non ce l’ha il ragazzo?”
Abbassa la testa, forse questa volta l’ho messa io in imbarazzo.
“No, sono stata lasciata due mesi fa. Da allora più nessuno, sai è stato un periodo davvero duro: anche per questo sono andata in Italia per un po’ , perché volevo staccare”
“A volte le storie finiscono senza una ragione, mi dispiace ma probabilmente doveva andare così”
“Certo però fa tanto male”
“Dai tirati su: sei molto più bella quando sei allegra”
“A proposito di tirarsi su: stasera andiamo in disco? Dai, siamo single tutti e due e possiamo divertirci senza nessuno che ci corre dietro! Ti va?”
Dopo un volo di dodici ore vorrebbe spedirmi in discoteca? “Ma non sarebbe meglio domani? Saremmo troppo stanchi”
“Stanchi? Arriveremo all’aeroporto alle sei, alle sette sarai già in città e ti farai una bella dormita! Alle undici passo a prenderti e saremo di ritorno prima delle cinque”
“Ma domani la lezione è alle sette! Vorrei fare bella figura, sai è molto importante per me la borsa di studio che mi hanno concesso e non vorrei sprecarla...”
“Dai Francino!!! Per piacere: domani se ti chiedono dici che sei stanco per il viaggio e passa la paura! Ti prego per me è così difficile tornare a New York…non voglio deprimermi a casa e pensare al mio ex!”
Mi guarda con quegli occhioni che si ritrova: come dirle di no? “E va bene, Phoebe”
“Grazie Francino!!! Ti voglio tanto bene!!!”
“Ma ci conosciamo solo da tre ore!”
“Allora non mi vuoi bene?”
“Ma certo che ti voglio bene, sarai il mio punto di riferimento a New York, ne sono certo...”
Detto questo mi stampa un bel bacio sulla guancia, mai stabilita un’amicizia più velocemente. Ma lei sembra così interessante...

Tra un Francino e l’altro il nostro aereo atterrò senza troppo ritardo e senza nessun ferito.
Prima che potessi dire nemmeno una sillaba lei mi aveva già lasciato il suo numero di telefono in un foglietto di carta per poi depositarlo, in bella vista, sul mio zaino. Poi ci dividemmo; Lei salì nella macchina di sua madre che era passata a prenderla e mi salutò con un sorriso a 47 denti. Io mi diressi verso uno dei famosi taxi di New York City che mi lasciò senza troppe difficoltà al mio appartamento presso il centro, sapientemente affittato tre mesi prima.
Salì cercando di non cadere all’indietro sotto il peso delle valigie, non sarebbe stato gradevole cadere da 4 rampe di scale. Poi stremato mi feci una doccia, chiamai a Marco per informarlo del mio regolare arrivo e arrivammo a parlare persino della aitante ballerina che avevo conosciuto, Carta mi ammonì con una delle sue risatine e una frase del tipo : “Torna vincitore o non tornare” frase inutile secondo il mio punto di vista, non sono il tipo da stabilire una relazione in quattro e quattro otto, o almeno così pensavo. Poi addormentai nel divano letto e starei ancora dormendo se qualcuno non avesse suonato al campanello. Perciò mi alzo con tutti i capelli spettinati ed vado ad aprire, ovviamente è Phoebe. Una Phoebe mozzafiato più che altro.

Vestitino nero con tanto di scollatura vertiginosa e tacchi a spillo, rossetto rosso fuoco e gambe da antilope in bella vista.
Non posso fare a meno di arrossire.
“Francino, mi piacciono i ragazzi che arrossiscono”
“Stasera dovrò farti proprio da guardia del corpo”
“Non preoccuparti, so badare a me stessa. Anzi che bel look, tu”
“Ma ancora non mi sono cambiato!”
“Davvero? Ma stai una favola così. Camicia bianca sbottonata e capelli all’aria…anzi a che ci sei sbottona un po’ più la camicia e sei a posto”
“Ma ho l’aria di uno che si è appena addormentato sul divano letto”
“Ciò non fa che aumentare il tuo fascino, sarebbe un peccato cambiarsi ed anche una perdita di tempo, in effetti”
Le sorrido. “Andiamo allora, ballerina?”
“Si, andiamo Francino”
Ci affrettiamo nel pianerottolo e poi scendiamo le scale parlando del più e del meno, a quanto pare siamo diretti ad una discoteca non molto lontano da qui. Dai vetri delle scale vedo le mille luci di New York, la città che non dorme mai.
Sembra scontato ma fanno sempre un grande effetto vedere tutte quelle luci e le macchine che corrono sull’asfalto.
Arriviamo nell’androne ed usciamo velocemente.
La sua macchina è un maggiolone rosso fuoco quanto il suo rossetto scintillante. Ma che bella similitudine.
Entriamo nella macchina che sa di lavanda come lei, avrà spruzzato quel buon profumo dappertutto?
Solo ora, chissà perché, mi viene in mente che devo chiamare Cassandra.
So che ci teneva e in effetti anch’io ho bisogno di sentirla. “Senti Phoebe, voglio chiamare l’amica di poco fa, ti da fastidio?”
“No, no, certo che no” mette le mani sul volante e gira la chiave dopo di che si avvia verso la discoteca. Io intanto compongo il numero e il cellulare di Cassy cominci a squillare. Tu,tu,tu, il telefono squilla più volte, troppe volte.
E infine Cassy, la mia dolce Cassy, risponde però con una voce strana. “Pronto Frà?”
“Cassy! Ciao! Tutto a posto là in Italia?”
“Si, tutto a posto. Sei arrivato allora?”
“Certo, delle orette fa, ora sto andando in discoteca” Improvvisamente si sente una voce maschile che la invita a riattaccare.
“Senti Frà, d’ora in poi è meglio che ti chiami sempre io. Sai com’è sono a casa di Francesco e...”
“Non c’è bisogno di aggiungere altro” faccio io con la voce indurita e uno strano peso sullo stomaco che non riesco a definire. Non mi ha nemmeno chiesto con chi stavo uscendo...
“Non so se domani posso chiamarti, vedrò. In bocca al lupo”
Riattacco incapace di aggiungere altro e di prolungare questa chiamata lampo.
Che stupido! Pensavo di poterla chiamare tranquillamente ad un ora così tarda. Stupido, stupido, stupido.
“Francino, qualcosa non va?”
“No, niente. Non preoccuparti per me”
“Povero cucciolo”
“Davvero, non è nulla” dico convincendomi sempre di più che in realtà è successo qualcosa. Come una presa di coscienza.
“Non mi mentire, Francino”
“Ma non ti sto mentendo, Phoebe, solo che non vedo l’ora di passare questa serata con te e di divertirmi e fregarmene del mondo intero”
“Mmm... quante cose che vuoi” posteggia in un parcheggio affollato pagando un tipo scuretto all’entrata.
“Voglio anche questo, Phoebe” le prendo la testa tra le mani e la bacio dolcemente.
Il suo profumo mi inebria, mi sento dannatamente bene.
“Scusami, non dovevo”
“Shhh, ma si che dovevi, sognavo di farlo dal primo momento che ti ho visto, e non arrossire”
La sensazione strana nello stomaco si è finalmente alleviata un po’, ma non del tutto.
Mi sembra impossibile che l’abbia, veramente dico, baciata;
Eppure non posso che continuare ad inebriarmi col suo profumo e dal suono della sua dolce voce...
“Francino, vuoi continuare a baciarmi in macchina o andiamo in discoteca?”
“Andiamo in discoteca... a casa mia ci sarà tutto il tempo necessario” le parole escono dalla mia bocca come strane e lontane, sarà la stanchezza del viaggio, o almeno spero.
Vorrei tanto darmi degli schiaffi per alleviare questo stato di torpore, ma penso che la povera Phoebe rimarrebbe scandalizzata o peggio. Svegliati Frà, svegliati.
Così ci avviamo mano nella mano, tanto per cambiare, verso la discoteca.
Solo ora mi accorgo di quanto sia raggiante, il che la rende ancora più affascinante ai miei occhi. E’ davvero una bellissima ragazza, e non sto propinando parole alla rinfusa. Non c’è altro modo per definirla.
E lei ne è cosciente, si vede da ogni suo singolo movimento o movenza. Da ogni sua parola pronunciata:
In ogni caso solo un tipo così sicuro di sé poteva frenare la mia insicurezza cronica, o sarà l’aria americana? Non voglio che ci siano altri motivi, non voglio nemmeno immaginarlo. Più in particolare non voglio che c’entri la chiamata di poco fa.
Trattengo una risata. Ma che sto dicendo? La chiamata di poco fa? Vecchio Frà, ti stai solo innamorando di una ragazza: non tentare di dare spiegazioni razionali a tutto. Almeno per una volta...

La vedo muoversi a tempo di musica tra le luci psichedeliche della discoteca.
Sembra completamente a suo agio e scuote i corti capelli continuamente, quasi per scrollarsi da dosso la stanchezza accumulata nel viaggio. Non posso fare a meno che cingerla per i fianchi e cominciare a ballare con lei accompagnandomi con la musica che comincia a farsi sempre più frenetica e veloce. Il suo sorriso bianchissimo spicca anche se tra tutte quelle luci e tutta questa gente che balla senza stancarsi mai. La bacio improvvisamente sul collo mentre lei continua ad accarezzarmi i capelli senza smettere un secondo di ballare. Parola d’ordine per questa discoteca : Frenesia.
Poi la prendo per meno e la trascino in quei divanetti in cui la luce è soffusa, il ritmo meno incessante. Questa volta è lei a baciarmi con più insistenza quasi non ne potesse fare a meno;
Ecco come tra due perfetti sconosciuti scatta quel qualcosa chiamata passione.
Qualcosa di irrefrenabile come tutti quei corpi che danzano nel buio di quelle luci.
Ci avviciniamo al bancone per prendere dei drink, le nostre bocche quasi rimpiangono di non mantenere il contatto.
Tutto ciò nel lasso di tempo in cui l’alcool penetra nelle nostre gole infuocandole.
E via per tutta la serata, tra un goccio di alcool e un altro di desiderio impossibile da placare.
I suoi occhi cerulei ormai sono annebbiati dal trucco sbavato dal tepore della discoteca, i miei non possono fare a meno di guardarla con insistenza. Poi tutto è buio, solo vaghi ricordi di una macchina e di un ascensore, delle chiavi non trovate e di una risata sempre più insistente dentro le mie orecchie e poi vestiti sparsi ovunque nella stanza.

Mal di testa. Dannatissimo mal di testa. Qualcuno mi avrà preso a legnate sicuramente, ora mi risveglierò in una pozza di sangue in un vicolo malfamato della città che non dorme mai.
E invece no, mi risveglio proprio sul mio divano letto con un filo di luce che penetra dalla finestra a vasistas. Nella mia mente uno strano presentimento, come se mi dovessi ricordare di qualcosa di particolarmente importante.
Faccio per stiracchiare le braccia quando incappo su qualcosa di morbido, morbido come una guancia di una ragazza.
Spalanco gli occhi. Phoebe sta dormendo al mio fianco beatamente.
O meglio stava dormendo al mio fianco prima che l’avessi svegliata involontariamente con una gomitata. “Francino...”
Faccio per alzarmi dal letto quando mi accorgo di avere il busto completamente scoperto e poi, e poi, beh poi mi accorgo di essere completamente scoperto. Gli abiti sparpagliati ovunque non fanno che dare peso ad un ipotesi che si sta facendo sempre più insistente nella mia mente. “Phoebe, non avremmo…non avremmo...”
Nel viso le si allarga un sorriso a dismisura. “Certo, Francino!”
Con un gesto meccanico mi ritrovo le mani sui capelli, stile urlo di Munch. “Oddio!” Non può essere: la conosco solo da un giorno! E’ dannatamente affascinante ed è anche il mio tipo e tutto ma... insomma non so nemmeno se ha un gatto od un cane! Se porta le pantofole o le infradito! Se è vegetariana o non...
“Ma non mi ha mica dato fastidio, anzi, se vuoi si può rifare quando vuoi”
“Phoebe, ma noi ci conosciamo da pochissimo, chissà che idea ti sarai fatto di me”
“Nessuna idea te l’assicuro” si fa ad un tratto seria.
“Ora che c’è?”
“Non mi vuoi? E’ questo il problema” il suo bel viso si sta indurendo. Sembra deluso.
“Non è vero_ mi avvicino a lei e le prendo il viso_ non ho mai provato così tanta attrazione per una ragazza prima d’ora. Non sto scherzando, Phoebe. E sono stato benissimo con te ieri sera, sei una ragazza bellissima e carismatica ed anche intelligente. Ma io sono... insomma io sono... IO! Di solito impiego trent’ anni per aprirmi con un persona e con te dopo un giorno...”
“Capisco, mi dispiace... non dovevo. Ci siamo fatti prendere dal vino”
“Vino veritas ,Phoebe. Se non l’avessi voluto non l’avrei fatto…io ci credo a queste cose. Con te sta avvenendo tutto così velocemente, mi stai prendendo tutto e in così poco tempo. E’ per questo che sono confuso, ma meglio così. Chissà quanto tempo avrei impiegato per aprimi”
“Sei sicuro?”
“Sono così sicuro che adesso vorrei baciarti”
Mi guarda sorniona. “E allora baciami, Francino”
La bacio cercando di tranquillizzarla, sono stato troppo brusco per via della…sorpresa.
Starei tutta la giornata qui a baciarla...
Per queste cose abbiamo un feeling pazzesco.
Starei qui anche fino alla mezzanotte di domani, peccato che dobbiamo andare all’accademia.
ACCADEMIA.ACCADEMIA. Eccallà! L’accademia!
Mi stacco velocemente da lei. “Phoebe, che ore sono?”
“Che ore sono?” Acchiappa il telefonino buttato, come i vestiti, per terra ed illumina il display premendo un tasto qualunque.
Questa volta è lei a spalancare gli occhi.“Cazzo! Sono le 7:59”
“E noi a che ora dovremmo essere alla Julliard?”
Tamburella con le dita sulla moquette viola poi risponde.
“Esattamente tra un minuto, Francino”
Come una furia corro verso l’entrata per acciuffare velocemente la borsa che, essendo io così previdente, avevo già preparato con tutto. Non può essere!!!
La puntualità è una dei principi basilari della mia esistenza. Come il non andare a letto con ragazze appena conosciute.
“Francino non ti preoccupare_ dice Phoebe che si è già vestita a tempi di record_ a prima ora abbiamo contemporaneo! Il prof arriva sempre in ritardo”
“Speriamo...” le faccio mentre apro la porta di tutta fretta.

Arrivammo alla scuola con 5 minuti netti di ritardo; Durante il tragitto per poco non sradicammo due alberi, non investimmo una vecchietta barbuta munita di urlo da soprano e non ammaccammo la macchina in una fila di pali della luce.
La segretaria, o qualcosa del genere, della scuola tuttavia ci accolse con un sorriso; Infatti Phoebe le disse in perfetto americano che venivamo entrambi dall’Italia e che l’aereo aveva subito un ritardo di molto ore e che c’eravamo affrettati il più possibile. Fui così sorpreso della facilità con cui diceva le più grandi cavolate che quasi apparve ai miei occhi piuttosto inquietante. Sorvolando su questo punto la lezione fu fantastica ed irripetibile.
Mostrai su richiesta il curriculum all’insegnante, che quasi pareva onorata di insegnare ad uno come me.
Io minimizzai subito, ho ancora tanto da imparare.
La lezione era sul contemporaneo. Il mio cavallo di battaglia.
In ogni caso fui sorpreso dal fatto che un sacco di pose per me erano completamente nuove anche se i passi uguali a quelli che avevo fin’ora imparato a gestire. Le musiche molto suggestive, in effetti mi avevano avvertito della bravura delle coreografe americane, prendevano un ampio campo di colonne sonore e affini.
Durante la lezione Phoebe si dimostrò un ottima ballerina, soprattutto dotata di grande estensione e di nettezza dei movimenti.
Le sussurrai all’orecchio che prima di tornare in Italia avremmo dovuto obbligatoriamente sottoporci ad un passo a due;
Lei rispose col solito sorriso bianchissimo. “Dopo stasera te lo sei proprio meritato, Francino”
“Grazie, ballerina”
Per fortuna nessuno si girò; Infondo nessuno capiva cosa stessimo dicendo in italiano, e nessuno lo sospettava minimamente.

“Is too late to apologize... is too late...”
Il mio telefono squilla nella penombra del mio monolocale mentre io tento di farmi una doccia rilassante.
Sicuramente sarà quello scocciatore di Marco, di cui sento tanto la mancanza da quando le sue grida graffiate non riempiono più le mie giornate. Quasi mi vengono le lacrime agli occhi…
Afferro il primo asciugamano che trovo e me lo allaccio alla mia vita.
Poi con i piedi ancora bagnati, stando attento a non scivolare sul parquet, mi avvio verso il divano su cui è stato adagiato con molta grazia (ovvero buttato) il mio cellulare. Rispondo immediatamente, bagnando tutto il display.
“Pronto, Marco?”
“Eh, no. Non sono Marco, sono Hassy”
Eh brava Cassandra, dopo millenni si degna di farsi sentire. Un gran passo avanti...
“Ah ciao, Cassy. Finalmente dopo sette giorni ti fai sentire, qualcuno ti avrà tenuto molto occupata” rispondo io in tono lievemente acido.
“Ti ricordo che tu una volta non ti sei fatto sentire per due settimane”ribatte lei piccata.
“Si, questo è vero. Ma non tu eri in America, mi sembra”
Attimo di silenzio. Forse è caduta la linea? Oppure ha riattaccato…
“Frà ma che ti prende? Se vuoi litigare chiudo, eh”
“Perché qualcuno ti sta imponendo di riattaccare? Qualcuno tipo Francesco?” Vediamo che risponde ora...
“Senti Frà, mi dispiace di aver riattaccato Venerdì notte, ma devi anche capire. Ho un ragazzo ormai ed ho bisogno di tempo per dedicarmi a lui...”
“Per dedicarti a lui? E che cos’è? Un cane?”
“Frà questo è troppo via a quel paese...”
“Ci sono già a quel Paese!!! Sono in America!”
“Ah e l’hai incontrata l’americana dei tuoi sogni?”
“Si! E la vuoi sapere una cosa?”
“Dimmi, Frà. Sono qui per ascoltarti, come al solito”
“Me la sono pure portata a letto!!!”
Tu, tu, tu, Ecco, ora si che ha riattaccato. Meglio per lei, così ha già saputo di Phoebe e tutto.
Mi dispiace solo di averla nominata in un litigio con Cassandra ,perché dopo una settimana sto cominciando a capire che per Phoebe non provo solo attrazione fisica... la cosa si sta evolvendo in una relazione più seria, certo iniziata da poco ma con buoni propositi. Adesso riprendo la mia rilassatissima doccia e me ne frego del litigio, infondo l’ha voluto lei.
Eppure le mie mani sembrano incapaci di posare il telefono sul divano.
Invece stanno decisamente componendo un numero stranamente familiare.
E dopo ancora stanno avvicinando il cellulare all’orecchio destro.
Ed adesso stanno infine tremando. Perché accidenti non risponde???
“Pronto?”
“Pronto Cassy, piccola...”
“Piccola un corno, piccola!!! Prima dai al mio fidanzato del cane e poi mi dici che ti sei portato a letto l’americana che avevo immaginato e mi chiami piccola? Eh, no”
“Ci, per piacere. Non volevo dare al tuo fidanzato del cane…non intendevo dire questo, in ogni caso”
Singhiozza. No, piccola. Non fare così. Mi fai sentire un verme...
“Vaffan...”
“No, Cassy scusami. Mi sono comportato da schifo a trattarti così, ma devi capirmi. Pensavo che potessimo sentirci ogni giorno e quando volevo. Io ho un dannato bisogno di te”
“Anch’io! _ altro singhiozzo_ Perché ti ostini a non capirlo? Vorrei tanto chiamarti ma Francesco mi sta sempre addosso…è ovvio che non vuole lasciarmi sola un attimo e si scoccia quando parliamo. Io lo amo e non so che di che cosa si preoccupi ma...” Ok, mi sento definitivamente un verme.
“Scusami, Ci, scusami tantissimo. Ti adoro, piccola. Non volevo...”
Altri singhiozzi. Non pensavo che una persona potesse singhiozzare così tante volte in così pochi minuti.
“Smettila di piangere, così mi uccidi!”
“Davvero?”
“Ho tanta voglia di asciugarti le lacrime che cadono dal tuo viso, ma non posso venire in Italia, lo farei. Ma tu non piangere: mi fai sentire impotente così lontano” Poi senza preavviso ricomincia a parlare.
“E quindi ti sei portato a letto l’americana?” chiede in un misto tra curiosità, incredulità e qualcosa che non riesco a capire.
“Si, si chiama Phoebe. E non è un’americana qualunque, è una ballerina come me ed abbiamo un feeling pazzesco, credo di provare sentimenti davvero molto profondi nei suoi confronti…”
“Capisco, ciccino, sono felice per te”
“Anch’io per te, credimi. Solo volevo sapere una cosa...”
“Dimmi, ti sto ascoltando Frà” Inghiotto la saliva.
“Per me tu ci sarai sempre, giusto? Anche se siamo così lontani? Io non posso vivere senza di te...”
Eccola che ricomincia a singhiozzare... Mi ero scordato quanto fosse piccola la mia forte Cassy.
“O la smetti di piangere o mollo tutto e me ne torno in Italia”
“Ok, Ok, la smetto. Non ti rivoglio tra i piedi” dice lei in tutta fretta.
“Ah, molto bene!”
“Stavo scherzando Frà... e poi ti dovresti portare Phoebe appresso...”
“Per non parlare di chi ti porti appresso tu”
“Franci...”
“Si, Ci?”
“Come farò a riattaccare?”
Che dolce...“Anch’io come farò a riattaccare...”

Decidemmo di riattaccare dopo tre quarti d’ora, ma solo per evitare di non sentirci per giorni e giorni se fosse finito il credito.
Lei uscì con Francesco, l’altro Francesco, per andare ad un concerto nei pressi di Firenze.
Io invece avrai dovuto prendere un aperitivo con Phoebe in un localino in cui eravamo andati più volte in quella settimana.
Avrei dovuto... appunto!
Caso volle che il maggiolone di Phoebe andò in panne e lei ancora dal meccanico dovette ritardare il nostro incontro per un dopo cena. Mi consigliò di non prendere la metro della mia zona perché troppo affollata e “pericolosa” a quell’ora della giornata ma di prendere un taxi. Anche lei lo avrebbe preso se non le avessero ridato la macchina.
Nessuno la potè convincere al telefono sul prendere la metro.
“O prendi il taxi, o noi due stasera non ci vediamo” aveva sentenziato con il suo accento riconoscibilissimo.
“Ma Phoebe, sono un uomo. Cosa potrebbero farmi?”
“Potrebbero rubarti il telefonino oppure fregarti i soldi”
“Certo potrebbero scipparmi la borsetta!!!” feci io tentando di scherzare.
“Francino, non la prendere. Fammi stare tranquilla per piacere! Non è colpa mia se abiti in quel quartiere”
“Phoebe…”
“E se ti rapiscono? Mi sentirei in colpa di aver fatto partire la frizione della mia macchina per tutta la vita!!”
“E se mi rapisce il tassista?”
“A questo non ci avevo pensato…”
“Phoebe, non essere così fatalista! Ormai sto da una settimana a New York ed ho capito come funziona!”
“Vabbè tu vedi prima di entrare nel taxi se è una persona distinta o meno, e mettiti dietro in ogni caso”
“Anche Jack lo Squartatore sembrava una persona distinta col cravattino...”
“Basta Francino! Non voglio che ti capiti niente perché ti amo! Come fai a non capirlo, eh?” sembra sul punto di piangere. Ne ho già fatte piangere troppe oggi...
“Va bene, Phoebe, amore. Prenderò il taxi come vuoi tu!”
“OK, ora ci siamo”
“Ciao, Phoebe, a dopo!”
“OK, e attento per piacere...”
“Attentissima pure tu! Mi raccomando!”
Riattaccai capendo una cosa in più sulla mia adorata Phoebe; Quando vuole qualcosa la ottiene, e senza troppa fatica.

Verso le 10 di sera arriva il mio taxi, col tassista che avrei imparato presto ad odiare quanto stimare.
Prende ad osservarmi con insistenza. Ci fosse stata Phoebe mi avrebbe riaccompagnato sopra all’istante.
“I...”
“I ?”
“ITALIANO!”
Sono molto sorpreso; Di solito all’estero mi scambiano sempre per un tedesco o svedese... “Si, italiano”
Il tassista continua a sorridere. E’ un tipo coni capelli scuri quanto la carnagione olivastra. “Anch’io sono italiano! Ah, finalmente incontro qualcuno con le mie stesse origini!” leggo la felicità nel suo volto. Ma per così poco…
Salgo sul taxi mentre lui non smette di osservarmi come se fossi un animale particolarmente raro ed appena scappato dal circo.
“Ma come ha capire che sono italiano?” gli chiedo incuriosito.
“Beh, si capisce tante cose. Dall’espressione, dal cuore, dall’anima...
Strabuzzo gli occhi. “Ma mi ha osservato solo per un po’...
“Noi tassisti siamo abituati a capire chi ci troviamo davanti, e in tempi relativamente brevi...”
“Capisco...
Prima che gli dicessi l’indirizzo in cui doveva portarmi, il tassista accende la radio con slancio, per poi inserire un cd di quelli masterizzati. “Finalmente ho qualcuno con cui ascoltare musica italiana…” conclude così tutti i suoi gesti.
“Ah, si, giusto!”
“O le da fastidio la musica?”
“No, anzi. La musica mi piace moltissimo”
“Si figuri, mio giovane amico, che quando avevo la sua stessa età sognavo di cantare al Blue Note a Milano, e passavo canticchiando le canzoni dei miei tempi là davanti; Purtroppo nessuno mi ha mai notato...
“Una mia amica ha cantato una volta al Blue Note: è davvero molto brava…”
Mi scruta con occhi indagatori.“Amica?”
Oh, No. Non ci si metterà pure il tassista... L'avrà mica pagato Marco per venirmi a prendere?
“Si, amica. Perché?”
“Perché vedo i suoi occhi brillare...” Ecco, l’ha definitivamente pagato Marco.
“E’ la stanchezza. Sa sono arrivato a New York ieri e non sono ancora al pieno delle mie forze”
“Ma è proprio sicuro che sia stanchezza? Ai miei tempi quel brillio non si chiamava stanchezza”
Gli sorrido affabile. “Non è come pensa, siamo entrambi fidanzati con persone diverse, e per me è solamente ,se solamente si può dire, una grandissima amica”
“Allora scusi se mi sono intromesso. Ma è meglio che non faccia brillare così i suoi occhi davanti alla sua fidanzata quando parla della sua amica, è un consiglio”
“Lo terrò a mente” Perfetto, adesso anche gli sconosciuti sono fracassini. Che posso chiedere di più dalla vita??
Dopo questo infiammato dialogo gli dico dove siamo diretti. Il tassista annuisce e fa cenno di aver capito.
“Sicuramente ci starà andando con la sua ragazza”
“Esatto”
“Le piace Battisti?”
“E questo che c’entra? Mi sono perso qualcosa?”
“Ah, no niente. Mi dica solo se le piace…”
Lo guardo con un cattivo presentimento, poi rispondo.
“Si, si. Ho qualcosa di lui nell’ I pod”
“Perfetto, allora questo cd le piacerà: c’è una sua canzone”
“E come si chiama questa canzone?”
“Come si intitola vorrà dire…”
“Come si intitola?” gli chiedo impaziente.
“E penso a te, così si intitola. Parla di un amore infelice ed ossessivo, lei è ossessivo?”
Apro il finestrino per annusare la buona aria piena di smog di New York. “Io ossessivo? No, si figuri. Per niente…”
“Buon per lei, perché questa canzone è veramente molto triste, e forse la può capire a fondo solo chi l’ha veramente vissuto un amore così”
“Come tutte le canzoni d’altronde”
“No_ mi ammonisce il tassista con un dito_ questa ancora di più”
“Addirittura…”
“Lei per lui è un pensiero ossessivo. Che gli impedisce di intraprendere qualsiasi storia seria senza vedere il suo riflesso dappertutto…”
“Meno male che non ho mai vissuto nulla del genere…”
Mi guarda in tralice. “Meno male si, giovanotto”
Detto questo cerca il terzo pezzo del cd e mette play tutto soddisfatto.
“Ascoltiamo…”
“E non parlare, giovane”

Io lavoro e penso a te
torno a casa e penso a te
le telefono e intanto penso a te
come stai e penso a te
dove andiamo e penso a te
le sorrido abbasso gli occhi e penso a te
non so con chi adesso sei
non so che cosa fai
ma so di certo a cosa stai pensando
è troppo grande la città per due che come noi
non sperano però si stan cercando
cercando
scusa è tardi e penso a te
ti accompagno e penso a te
non sono stato divertente e penso a te
sono al buio e penso a te
chiudo gli occhi e penso a te
io non dormo e penso a te


“Cosa vorrebbe dimostrarmi con questa canzone?”
“Penso che tu l’abbia capito, ammesso che tu abbia ascoltato”
“Certo che ho ascoltato, ma non capisco cosa c’entri con la mia storia. Io provo dei grandi sentimenti per la mia ragazza e non vedo come possa servirmi una canzone così infelice...” ora ci manca pure il tassista che mi fa la ramanzina.
La prossima volta mi porto gli occhiali scuri per evitare che scambino un luccichio amichevole per un luccichio amoroso.
“Ragazzo, perché ti ostini a non capire? Perché ti ostini a creare questa muraglia? Eppure a me sembra così semplice...”
“Cosa sarebbe semplice?”
“Beh, è semplice rimpiangere le azione che hai fatto a vent’ anni, perché sono quelle che ti segnano per tutto la vita. Non sei più un ragazzino... devi avere delle priorità: non farti travolgere dagli avvenimenti”
“Io non mi faccio travolgere proprio da nulla”
“Ah, si? Eppure dovresti guardarti dentro, almeno per una volta. Se i tuoi occhi brillano per qualcun’altra un motivo ci sarà”
”Non è come pensa”
“Non è come penso? Perché non è come penso? Sarebbe così abominevole amare la tua amica così lontana?”
“Semplicemente non la amo”
“Gli occhi sono lo specchio dell’anima” ribatte lui come se fosse una sentenza.
“Io adoro questa mia amica più di chiunque altro, ma non è nient’altro che una carissima amica”
“Allora perché nei tuoi occhi leggo l’amore?”
“Si sbaglia...”
“Magari mi sbaglio, ma stai attento. Prima o poi, e col passare degli anni, le situazioni si faranno più serie ed imboccheranno la via del non ritorno, ascolta il tuo cuore stanotte, ancora nulla è perduto”
“Mi spaventa così”
Finalmente la macchina si ferma a destinazione, nel parcheggio scorgo il maggiolone rosso di Phoebe, segno che la macchina è stata riparata. Faccio per estrarre il denaro dal portafoglio quando il tassista mi blocca la mano. Sorpreso, prendo a guardarlo e leggo nei suoi occhi un senso di apprensione.
“Tieni i tuoi soldi, ragazzo. E tieni anche i miei consigli: io stasera ti ho parlato d’amico. E l’amicizia non è a pagamento, ricordalo!”
“Grazie...”
“Promettimi che ci penserai su, quando sarai solo. E pensa dove va il tuo pensiero, è inutile costruire castelli di sabbia”
“Glielo prometto, ci penserò. Però non so se avrà ragione o torto...”
Lui alza le spalle come a dire “Vedremo..”
“E ricorda sei ancora, in tempo. E scusami se mi sono intromesso nella parte più delicata della tua vita, ma non ho potuto farne a meno, ora vai”
Così scendo dal taxi tra il perplesso e l’incredulo. Da un lato non posso credere che un tassista si sia intromesso nella mia vita sentimentale, dall’altro non posso credere che non mi abbia fatto pagare. Ma la cosa più grave è che non posso togliermi dalla mente un dolce sorriso radioso,così diverso da quello bianchissimo di Phoebe...
Mi avviò verso la macchina della mia ragazza, pronto a vederla come al solito.Con la faccia felice, il viso sorridente e l’alone di fascino che la contraddistingue da tutte le altre. E invece no. E’adagiata sul sedile con il viso rivolto verso il basso.
Qualcosa scende dai suoi occhi. Sono lacrime. Col cuore in gola accelero il passo ed apro lo sportello. Lei sobbalza.
I suoi occhi azzurri sono tutti sbavati dal trucco. Non ha una bella cera.
“Amore, che ti hanno fatto? E’ successo qualcosa?” la scuoto dalle spalle cercando di farla parlare, ma tutto è vano.
Le lacrime continuano a scendere dai suoi occhi tristi. Controllo se nella sua pelle c’è segno di percosse o di qualcos’altro mentre comincio a mangiarmi le unghie. Non avrei dovuto lasciarla sola.Poi penso che in effetti è lei che aveva rotto la macchina. Quindi sto dicendo un mucchio di cavolate. “Phoebe, per piacere. Dimmi cosa è successo” le prendo il viso tra le mani invitandola a parlare.
Tuttavia non spiaccica nemmeno mezza parola. In compenso indica il suo telefonino ultimo modello dove nel display appare un messaggio. “Chi te l’ha mandato, amore?”
Deglutisce e finalmente dice qualcosa: “Mia madre...” queste parole escono come un gemito.
“Posso leggere?” Annuisce con forza mentre non tenta nemmeno di fermare le lacrime.
Allora comincio a leggere il messaggio spalancando la bocca di più ad ogni parola. In poche parole con un messaggio la madre di Phoebe l’ha scaricata. Nel senso che è partita in Paraguay con un messicano (e non in Messico). Nel messaggio non si scusava per essere partita all’improvviso, ma per non averle lasciato le chiavi; tuttavia, per rincuorare Phoebe, le aveva scritto che brava com’è con gli uomini avrebbe guadagnato da viversi d’ora in poi facendosi pagare e che non avrebbe faticato nel trovare una sistemazione dove vivere sempre per i motivi sopra elencati.
“Capisci?”
Io rimango senza parole. Non so come la prenderei se un giorno mia madre partisse con un messicano per il Paraguay...
“Mia madre mi ha lasciato senza un tetto e mi ha pure dato della zoccola...” così scoppia a piangere ancora più violentemente sopra il mio braccio. Io prendo ad accarezzarle i capelli corti con quanta sicurezza ho il potere di infonderle.
“Shhh... Phoebe. Non ti preoccupare. Tua madre non voleva dire questo...”
“Ah, no? E cosa voleva dire?”
“Non lo so, comunque non questo” le faccio io mica tanto convinto. Ma come faccio a dirle che ha ragione? Che sua madre la considera una...
“In ogni caso, il mio divano letto è abbastanza spazioso per tutti e due. D’altronde l’abbiamo già testato…verrai a vivere con me, penso a tutto io Phoebe” aggiungo io di fretta.
“Oh, grazie. Non so come ringraziarti!” detto questo mi getta le mani al collo.
“Ma di che, Phoebe. E’ ovvio che vieni a stare con me, proprio come se fossimo sposati, ti piace l’idea, eh?” cerco così di risollevarle il morale.
“Si” ammette lei un po’ più tranquilla ma continuando a piangere.
“Smettila di piangere, Phoebe. Non è successo nulla...” le asciugo una lacrima che tentava di uscire dai suoi occhi.
Poi improvvisamente mi viene in mente la voglia che avevo di consolare Cassy mentre piangeva per colpa mia.
Subito scaccio il pensiero. Quel tassista mi ha proprio scombussolato il cervello, sto pure diventando paranoico.
“Francino, c’è un altro problema...”
“Ah, si?”
“Si, io ho il borsone e tutto dentro casa mia. Non mi porto appresso nemmeno le mezze punte e domani non posso ballare: come faccio? Mia madre è partita pure col mio mazzo di chiavi, quello suo l’aveva perso mesi fa...”
Bel tipo sua madre eh. Attento e presente...
“Sopravviverai senza le mezze punte, Phoebe. Ora è meglio che andiamo a casa mia così ti strucchi il viso e ti fai una bella dormita...”
“Ma no!! Non ho nemmeno il pigiama! O che ne so, non ho neppure i miei vestiti! Non posso andare alla Julliard vestita così...”
Indica la sua gonna vertiginosa ed la maglietta con un po’ troppo scollata. Peccato che alla Julliard si debbano vestire tutte senza mostrare nemmeno il ginocchio nudo. “Questo è un problema”
“Come facciamo?”
“Entriamo dalla finestra!”
“Peccato che abito al ventesimo piano...”
“Ah”
“Come facciamo?” ripete per la seconda volta.
“A costo di scassinare la porta entreremo, un modo lo troviamo” le accarezzo il viso cercando di tranquillizzarla.
“Come farei senza di te?” detto questo mi bacia dolcemente.
“Ce la fai a guidare?” le chiedo io dopo essermi staccato.
“Si, certo”
Così ci avviamo entrambi verso la casa, o meglio l’ex casa, di Phoebe.

Sono passati 3 mesi da quell’episodio; Ormai luglio è alle porte di un’estate calda e solare, che illumina i freddi grattacieli di New York e che fa fiorire i parchi con fiori di ogni vastità e genere. Tra me e Phoebe le cose non potrebbero davvero andare meglio, da quella notte di inizio aprile in cui sua madre l’aveva automaticamente sfrattata di casa cominciammo a vivere insieme, sotto lo stesso tetto, come due persone sposate, anche se la cosa mi fa un po’ di grande responsabilità.
Phoebe recuperò i suoi vestiti la stessa notte, perché sua madre, dotata quindi di grande intelletto, aveva lasciato la porta aperta e insistette per rimanere lì, ma io non sentii ragioni: non volevo che stesse da sola in quella casa piena di ricordi.
Alla Julliard, invece, le giornate trascorrevano con tanta fatica ma anche ad una velocità allarmante. Avevamo già partecipato a molti stage e si prospettava all’orizzonte lo spettacolo di fine anno.
A Maggio ci scelsero per il passo a due. Io e Phoebe accettammo ovviamente con grande entusiasmo, anche perché dalla prima lezione c’eravamo prefissi di ballare insieme almeno una volta.
Io e Marco in questi mesi non abbiamo smesso un giorno di chiamarci. A quanto pare ha in mente un terzo cd dal respiro più ampio dai due precedenti, ed anche una tournèè in giro per l’Italia. Ho promesso che sarò ad almeno cinque di quelle tappe, sempre che inizi dopo Settembre.
Con Cassandra ci sentivamo appena possibile, a volte più di una volta al giorno.
Purtroppo a volte alcuni giorni non ci sentivamo per impegni vari di lei, o forse perché Francesco le stava troppo a dosso.
Non gliel’ho chiesto e non mi va di saperlo.
Chiamate o non, non passa un giorno in cui io non l’abbia pensata almeno ogni ora. Mi manca davvero tanto.
Però non fatevi strane idee…

Sono comodamente adagiato sull’ormai celeberrimo divano letto del mio salotto.
Faccio un po’ di zapping da un canale all’altro senza trovare nulla di interessante, infatti sono le sei di mattina e i programmi non promettono nulla di buono. Perché sono sveglio?
Phoebe non faceva che agitarsi nel sonno e non sono riuscito a rimanere ulteriormente a letto. Sembra piuttosto strana in questo periodo. Probabilmente sarà lo stress delle prove, oppure il fatto che sua madre ancora non si sia fatta sentire.
Ed ecco che arriva Phoebe dopo trenta minuti nel bagno. Ma quanto tempo ci sta a truccarsi? Ah, le donne…
“Francino, ti devo dire una cosa...” mi fa tutta trepidante.
Ma che sarà mai? “Vieni Phoebe, mica ti mangio, eh” detto questo le faccio segno di sedersi accanto a me sul divano.
La invito a parlare facendole segno con la testa. “Dai, dimmi...”
“Ho un ritardo” butta lì lì.
“Phoebe_ le dico sorridendo bonariamente_ si dice sono in ritardo! Stare troppo in America ti ha scombussolato? E poi sono solo le sei: abbiamo lezione alle otto...” Scuote la testa sconsolata. Ma che le prende?
“Forse non hai capito...”
“Phoebe, torna a dormire, dai. Non farfugliare”
Mi guarda con gli occhi grandi che si ritrova pieni di terrore.
Le prendo la mano. “Dai, dimmi...” le dico di nuovo.
“Ho un ritardo, ritardo, capito? Non sono in ritardo, ma ho un ritardo”
Questa volta spalanco gli occhi io. Non può essere.
Ma com’è potuto succedere? Un senso di panico mi attanaglia le viscere. No che non può essere...
“Ecco io lo sapevo che la prendevi così!” mi dice sull’orlo del pianto.
“Perché come l’ho presa?”
“Sei terrorizzato!”
“Phoebe, ma che dici! Io sono calmissimo, non ti preoccupare. E poi hai solo un ritardo non è mica sicuro: se tutte si preoccupassero per un ritardo di un giorno, allora...” le dico cercando più che altro di tranquillizzare me stesso.
“Il ritardo non è di un giorno...”
“Ah, no? Di trenta minuti?”
“Di quindici giorni...”
“CHE COSA?”
Abbassa la testa come se temesse che da un momento all’altro le alzi le mani. Non lo farei mai...
“E me lo dici dopo quindici giorni che hai un ritardo? Ma per chi mi hai preso? Per il primo cretino che ti ospita nel suo divano letto?”
“Ho controllato solo oggi nell’agenda, infatti mi sembrava che stessero ritardando per un po’ di tempo... mah”
“Ma? Ma cosa?” Vedo una lacrima che scende dai suoi occhi. Avrei tanta voglia di piangere anch’io...
“E’ inutile piangere, Phoebe. Tu risolvi sempre tutto col pianto! Non mi pare giusto...”
Forse nemmeno mi ascolta. Continua a tormentarsi le mani.
“In ogni caso com’è potuto accadere? Non può essere...”
Alza lo sguardo, sembra sconvolta. “Tre settimane fa…mi sono dimenticata di prendere la pillola” me lo dice come una bambina che ha fatto una piccola marachella.
“Sei una bambina! Ecco che cosa sei! Ma come ti è potuto saltare in mente? Dimenticarsi di una cosa del genere!!!”
Eccola che prende a singhiozzare come al solito.
“Incosciente... hai solo diciannove anni!”
“Ne faccio venti il prossimo mese!” precisa lei come se fosse di grande rilevanza.
“Forse farai vent’anni il prossimo mese ma hai la mentalità di una bambina di cinque anni!”
“Ah, si?”
“Si”
Si alza dal divano con improvviso slancio. Ha smesso improvvisamente di piangere...
“Molto bene? E’ questo che pensi? Me ne vado, ecco che cosa faccio”
Mi alzo anche io infuriato. Eh, no. Non deve decidere sempre tutto lei.
“Tu stai ferma dove sei” le dico prendendola dalla maglietta.
“E’inutile che fai così, tanto il bambino lo tengo…non mi convincerai ad abortire ne ora ne mai” Ed ecco che le tiro uno schiaffo. Bello forte anche...
“Ma che stai dicendo, stupida? E’ ovvio che lo teniamo!”
La guardo dritto negli occhi. Leggo ancora il terrore...
“Ora ti calmi? Odio le persone che gridano” le faccio in tono seccato.
“No, che non mi calmo…e me ne vado pure. Tanto sono sicura che tu pensi alla tua splendente carriera e che un figlio non lo vuoi...”
“Io non penso alla mia splendente carriera. Non ci penso proprio…penso solo che figli ne voglio ma non perché tu sei stata così inetta da non prendere la pillola e io così stupido da non ricordartene, insomma, non è come me lo sarei immaginato. E mi secca pure che mi hai preso per un mostro...”
“Oramai...” mi dice lei in tono grave.
“Adesso tu ti siedi e ti calmi ed io vado a comprare il test, capito? E ti chiudo a chiave dentro casa e non tentare di scappare dalla finestra” la ammonisco.
Lei annuisce senza troppa convinzione, solo ora mi accorgo che sta tremando.
Così la prendo per mano e la faccia sedere su una poltrona. Poi mi inginocchio accanto a lei.
“Ti ho fatto male con quello schiaffo? Mi dispiace...” le dico accarezzandole la guancia dolcemente.
“No..”
“Ora stai tranquilla, qualsiasi cosa succeda ci sono io, capito? Affronteremo tutto insieme...”
Faccio per alzarmi quando lei mi blocca la mano. “Non te ne andare: ho paura”
Come ho potuto trattarla così male?
“La farmacia è qua sotto: ci sto cinque secondi. Dai…non ti preoccupare, stai serena”
Le stampo un bacio in bocca e me ne vado. Aspetto che la porta si sia chiusa per cominciare a mordermi le unghie.
Lei non è pronta... Non lo è per niente.
Io non sono pronto, forse anche meno di lei.
All’improvviso sento il dannato bisogno di chiamare qualcuno.
Qualcuno come Cassandra…
Tu, tu, tu, tu, tu
Questi squilli sembrano interminabili. Ci manca solo che Cassandra non mi risponda. Ho bisogno di parlarle...
“Pronto, Frà?” dice lei con la solita voce squillante.
Cerca di mantenere la voce ferma. Provaci ti prego...“Cassy...”
“Che succede? C’è qualcosa che non va? Hai una voce strana...” per quanto abbia tentato di mascherare la voce lei ha capito, come al solito.
“E’ Phoebe...”
“Cos’è successo con Phoebe? Avete litigato?”
“Anche...”
“E poi?”
“Ha un ritardo di quindici giorni e siamo entrambi nel panico...” le rivelo aspettando che lei dica qualsiasi cosa, quel qualcosa che riesce a tranquillizzarmi sempre.
“E tu me lo dici dopo quindici giorni che ha un ritardo? Ti vergognavi a dirmelo?” chiede stranita.
Respiro a fondo per rimanere calmo mentre prendo a scendere le scale. “E’ questo il punto, Cassy. Me l’ha detto solo oggi...”
“Forse aveva paura…”
“NO! Se ne è accorta oggi quella testa in aria che non è altro! Queste sono cose serissime e lei prende sempre tutto alla leggera, come viene!”
“Calmati: non risolvi niente agitandoti”
“E cosa dovrei fare? Non ti ho nemmeno detto tutto...”
“C’è dell’altro?”
“Si, ovviamente. Mi ha detto con disinvoltura che si era scordata di prendere la pillola! E dovrebbe diventare madre? Non è nemmeno capace di badare a se stessa...”
“Frà ha solo un ritardo, non è ancora detto nulla. Starai andando a comprare i test, immagino”
“Esatto... e mi sento pure in colpa. Poco fa le ho pure mollato uno schiaffo...”
Attimo di silenzio. “Uno schiaffo? Quella ragazza sarà terrorizzata e tu ti comporti così?”
Ecco, mi sento ancora peggio. “Le ho dato uno schiaffo perché era convinta che la facessi abortire, cioè mi ha pure preso per un mostro, capisci? Cassy dimmi tu che fare, senza di te mi sento perso. Vorrei che fossi qui...”
“Anche tu mi manchi, ciccino. Ma la farmacia è lontana?”
“No, ci sono praticamente arrivato. Già vedo la vetrina...”
“Perfetto, fai un bel respiro ed entra: non ti preoccupare, fallo per lei”
“Cassy, non so nemmeno come si dice in inglese test di gravidanza...” le dico ansioso.
Lei d’altro canto fatica a rispondere. “Ho capito, inutile che inventi scuse. C’è una donna al bancone, vero?”
“Perché me lo chiedi?” le faccio sorpreso. Accenna una risatina.
“So benissimo che ti sembra strano chiedere queste cose ad una farmacista donna. Dai entra e passamela al telefono, è questo che mi volevi proporre, vero?”
“In effetti... però ci prenderanno per pazzi…”
“E vabbè, una volta in più od una in meno che vuoi che cambi!”
Così entro nella farmacia mentre lei mi sussurra parole di conforto: se non ci fosse lei in questo momento...
Le passo al telefono la farmacista che mi guarda sbigottita. Sicuramente non le capitano tutti i giorni ordinazioni per telefono.
Cassy sta facendo davvero troppo per me... Così la farmacista estrae un test da uno scaffale a destra dicendo a Cassy qualcosa del tipo : “Siete strani tu e il tuo ragazzo... ” Io arrossisco. Anche la farmacista è fracassina...
Preso il test e riconsegnatomi il cellulare esco in fretta dalla farmacia.

Ritornato nel pianerottolo sono ancora al telefono con Cassy, la quale tenta in tutti i modi di tranquillizzarmi mentre io le faccio domande di ogni genere. “Se fossi tu al posto di Phoebe cosa vorresti detto?
Lei sembra rifletterci un attimo, poi risponde. “Non vorrei detto niente perché sarei già più che tranquilla”
“Perché?” le chiedo incuriosito.
“Perché nel caso fossi incinta il padre del bambino saresti tu”
Sento qualcosa all’altezza del petto. Come qualcosa che tenta di sciogliersi e di risalire alla gola. “Ah, si?”
“Si, perché sei una persona fantastica e come te non c’è nessuno al mondo. E non è un frase retorica, o detta perché sei disperato...”
“Allora mi fa davvero piacere”
“Ne sono contenta... adesso entra. Vai da Phoebe! E in ogni caso tu saresti pronto a qualsiasi cosa, sii forte anche per lei”
“Allora riattacco?”
“Direi! poi fammi sapere”
“Grazie, Cassy”
“E di che?”
“Grazie e basta”
“Ricorda che Phoebe sarà comunque una ragazza fortunatissima”
“Lo spero...”
“A più tardi”
“Mi manchi... vorrei che varcassi questa porta con me”
“Sarò con te mentalmente!! Dai, entra. Io sto riattaccando... ti voglio bene”
Così ha riattaccato davvero. Cerco di immettere nel mio viso un’espressione serena ed entro.

Phoebe è adagiata sempre nella stessa poltrona. Piange ancora, anzi sembra che non abbia smesso un secondo di piangere da quando sono uscito. “Phoebe, dai ho comprato il test” le dico avvicinandomi a lei e accarezzandole la testa.
“Non lo voglio fare...” Anch’io vorrei ritardare questo momento. Non sai quanto...
“Ma certo che lo devi fare, piccola. Sennò non sapremo mai la verità”
“E se poi è positivo, tu ti arrabbi?” mi chiede pendendo dalla mie labbra.
“Ma no che non mi arrabbio”
“E mi dai uno schiaffo come poco fa?” mi dice spaventata.
“No, tranquilla. Al massimo posso essere sorpreso e felice...”
“Ma anche tu hai detto che non sono pronta!”
“L’ho detto ma non lo pensavo” mento così spudoratamente guardandola negli occhi.
“Sicuro?”
“Certo”
“Allora”, dice tremante, “vado?”
“Vai tranquilla, perché io lo sono”
“Va bene...” Detto questo si alza e prende dalle mie mani il test e si avvia verso il bagno con aria incerta e spaventata.
Si gira per l’ultima volta e mi chiede: “Ho rovinato davvero tutto?”
“Ma certo che no, ti amo”
“Anch’io” Così entra nel bagno per i quindici minuti più lunghi della mia esistenza.


Fine 1a parte ;)
 
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